mercoledì 27 febbraio 2013

"Ti porto a cena"

Scrivere è vendicarsi delle cose

Max Manfredi



L’ho incontrato per la prima volta in palestra. Io entravo nella sala spinning di corsa come al solito e distratta più del solito. Lui usciva dalla sala rowing. I nostri sguardi si sono incontrati per un attimo. Lui ha sorriso. Ho ricambiato subito per educazione ma poi, passato l’attimo, sono rimasta perplessa. Chi era? Un altro vuoto di memoria. “Silvia, è mai possibile che non ti ricordi le facce delle persone?”. Mia madre me lo dice spesso, ma stavolta non è questione di memoria, quest’uomo non lo conosco. E che uomo, una visione. Alto, spalle larghe, moro, occhi verdi e, ovvio, uno straordinario sorriso. Sistemavo la bike e pensavo allo sconosciuto. Cosa aveva da sorridermi dopo una massacrante lezione di rowing? Che il vogatore gli avesse dato alla testa? Non che la cosa m’importasse un granché, avrà avuto i suoi motivi. Punto. Due giorni dopo, lo vedo ancora, il che non mi sconvolge, in palestra s’incontrano spesso le stesse persone, soprattutto se si hanno gli stessi orari. Mi sorride di nuovo con una variante considerevole: lui dice “ciao!”. Ciao? Ciao? Come ciao? Ho ricambiato subito per educazione. Ho pedalato come un ossesso e di corsa verso gli spogliatoi per una doccia rilassante. Sì, magari, macchè doccia, rispunta l’uomo, Dio, insomma, il Greco, quello del sorriso. Me lo trovo davanti che mi dice “Ciao, pedali da molto? Complimenti per la tecnica e l’energia”. Proprio ora doveva dirmelo? Sono sudata, sconvolta, il collo attorcigliato ad un asciugamano, spettinata come in un giorno di nebbia e lui cosa aggiunge? “Sei carina quando pedali, si vede che ti diverti”. Mi prende in giro? Questo è completamente pazzo. Piena di imbarazzo e di voglia di sotterrarmi, mi sgancio con la scusa della doccia e fuggo via. Lo spogliatoio, la mia salvezza. Mi rilasso sotto il getto d’acqua bollente, mi viene da sorridere, mi faccio pure tenerezza, non ci penso più, mi preparo ed esco. Due giorni dopo, ancora un incontro: una chiacchierata più lunga, un caffè dopo la palestra e… “Leonardo, piacere”. Oh, mammina, anche il nome è un portento, sono fritta. “Insegno nuoto come primo lavoro, faccio il giornalista sportivo come secondo, quando ho tempo, quando scrivo un buon pezzo”. Bello, atletico e con un cervello, sono spacciata. “Una volta ti ho visto uscire dalla sala spinning e il tuo sorriso mi ha colpito. Poi ti ho sentito scherzare con l’istruttore e mi è piaciuta la tua voce. Ora ti parlo e ti trovo adorabile. Mi concedi una sera? Ti porto a cena”. In questa fase, quella dell’inizio di tutto (o di niente, dipende), gli uomini possiedono un fascino considerevole. Sono brillanti, attenti, galanti. Questo sottintende ovviamente l’esistenza di ‘altre’ fasi. Già. La mia seconda fase con Leonardo è stata la cena. Si presenta sotto casa puntuale come un orologio svizzero, anzi con cinque minuti di ritardo, lo sa  che le donne non sono mai pronte in tempo (io lo ero da 20 minuti, sono precisa, che ci posso fare). Mi viene incontro sorridendo e mi colpisce subito con uno straordinario baciamano, poi apre lo sportello dell’auto con uno sguardo da lupo fascinoso, pronto a mietere vittime. Bè, io lo ero, mi sentivo vittima del suo carisma, l’importante era non farsene accorgere. In questo sono bravissima, l’esperienza insegna. Il ristorante era molto carino, curato. Ancora galanterie, gentilezze, accortezze. Ci sediamo, parte la serata. Avevo delle attese, lo confesso, le premesse erano davvero interessanti. Maledette premesse. Leonardo ordina il vino senza interpellarmi, chissà perché. Lo comprendo un secondo dopo. Sceglie un Rosso Conero e comincia a parlarmi dell’importanza del vino, della necessità di sentirne il profumo, guardarne attentamente il colore, viverlo con tutti i sensi, fruirlo con passione ed attenzione. Prosegue raccontandomi dei suoi numerosi corsi per Sommelier: prima a Roma, poi in Trentino, in Veneto, uno addirittura in Francia. I minuti passavano, il vino decantava ed io ascoltavo all’inizio rapita, poi perplessa ed infine annoiata, quei racconti di vita sempre meno verosimili e sempre più comici. In Francia Leonardo ha imparato un francese perfetto, il tedesco è come una seconda lingua, l’inglese neanche a dirlo. Uno come lui ha bisogno di parlare le lingue perché “sai, con le gare internazionali di windsurf si gira molto”. Possiede ogni brevetto possibile e immaginabile, sa fare praticamente tutto. Aiuto, fermate il mondo, voglio scendere. Ho di fronte un mostro. Da venti minuti  mi parla delle cose strabilianti che ha fatto, di quanto è bravo e capace e… Dovreste vederlo mentre parla: assume la posizione di profilo a 30 o 45 gradi a seconda dell’argomento e alza il sopracciglio sinistro ad ogni battuta spiritosa, spiritosa per lui intendo. Ripete sempre gli stessi gesti, tutto studiato. Guardo l’orologio: sono trascorsi quaranta minuti. Quaranta minuti che parla di se stesso ed io neanche una parola. Andiamo maluccio su tutti i fronti. Leonardo è narciso, egocentrico e bugiardo. Dal primo incontro fino alla fatidica serata non ho fatto altro che cercare un difetto in quest’uomo. Ora il difetto è davanti a me in carne ed ossa, lo vedo nella sua altezza, nelle spalle larghe, negli occhi verdi e nel bellissimo sorriso. Ma, soprattutto, il difetto lo trovo nel vino. Leonardo, essere perfetto, perfettamente spocchioso e pieno di te stesso, insopportabile nella tua boria, sai una cosa? Il vino sa di tappo! Non gliel’ho mai detto e lui non se ne è neanche accorto. E’ rimasto un segreto fra me ed il cameriere, che prontamente mi ha portato un’altra bottiglia mentre Leonardo era al cellulare. “Scusami, perdonami, rispondo solo a questa telefonata, sai, il mio consulente finanziario, ci divertiamo a giocare in Borsa”. Già, certo, tu gioca che io so quello che devo fare, ora. Ho smesso di ascoltare le parole di Leonardo. Gli sorridevo, mi dedicavo al cibo e al vino. Finalmente bevevo un vino buono, profumato, che non mi faceva impazzire ma che almeno era gradevole. Giocavo con il bicchiere, accarezzandone il rosso rubino. Sorseggiavo piano, cercando di conoscerlo sempre di più, secco, asciutto. Di riconoscerlo nel tempo, armonico, corposo, alla ricerca di nuove sensazioni. Tre settimane dopo, di Leonardo ricordo a malapena il sorriso. Nel frattempo ho conosciuto Dimitri, paleontologo con la passione della mountain bike. Stasera passa a prendermi, mi porta a cena. Siamo nella prima fase. Lui è Russo di origine, non ama il vino, beve solo vodka ai matrimoni. Io parlo russo, non amo la vodka e sono perdutamente ottimista.

                                                                                                   Na zdorovije!