Max Manfredi
L’ho incontrato
per la prima volta in palestra. Io entravo
nella sala spinning di corsa come al solito e distratta più del solito. Lui
usciva dalla sala rowing. I nostri sguardi si sono incontrati per un attimo.
Lui ha sorriso. Ho ricambiato subito per educazione ma poi, passato l’attimo,
sono rimasta perplessa. Chi era? Un altro vuoto di memoria. “Silvia, è mai
possibile che non ti ricordi le facce delle persone?”. Mia madre me lo dice spesso,
ma stavolta non è questione di memoria, quest’uomo non lo conosco. E che uomo,
una visione. Alto, spalle larghe, moro, occhi verdi e, ovvio, uno straordinario
sorriso. Sistemavo la bike e pensavo allo sconosciuto. Cosa aveva da sorridermi
dopo una massacrante lezione di rowing? Che il vogatore gli avesse dato alla
testa? Non che la cosa m’importasse un granché, avrà avuto i suoi motivi.
Punto. Due giorni
dopo, lo vedo ancora, il che non mi sconvolge, in palestra s’incontrano spesso
le stesse persone, soprattutto se si hanno gli stessi orari. Mi sorride di
nuovo con una variante considerevole: lui dice “ciao!”. Ciao? Ciao? Come ciao?
Ho ricambiato subito per educazione. Ho pedalato come un ossesso e di corsa
verso gli spogliatoi per una doccia rilassante. Sì, magari, macchè doccia,
rispunta l’uomo, Dio, insomma, il Greco, quello del sorriso. Me lo trovo
davanti che mi dice “Ciao, pedali da molto? Complimenti per la tecnica e
l’energia”. Proprio ora doveva dirmelo? Sono sudata, sconvolta, il collo attorcigliato
ad un asciugamano, spettinata come in un giorno di nebbia e lui cosa aggiunge?
“Sei carina quando pedali, si vede che ti diverti”. Mi prende in giro? Questo è
completamente pazzo. Piena di imbarazzo e di voglia di sotterrarmi, mi sgancio
con la scusa della doccia e fuggo via. Lo spogliatoio, la mia salvezza. Mi
rilasso sotto il getto d’acqua bollente, mi viene da sorridere, mi faccio pure
tenerezza, non ci penso più, mi preparo ed esco. Due giorni
dopo, ancora un incontro: una chiacchierata più lunga, un caffè dopo la
palestra e… “Leonardo, piacere”. Oh, mammina, anche il nome è un portento, sono
fritta. “Insegno nuoto
come primo lavoro, faccio il giornalista sportivo come secondo, quando ho
tempo, quando scrivo un buon pezzo”. Bello, atletico e con un cervello, sono
spacciata. “Una volta ti
ho visto uscire dalla sala spinning e il tuo sorriso mi ha colpito. Poi ti ho
sentito scherzare con l’istruttore e mi è piaciuta la tua voce. Ora ti parlo e
ti trovo adorabile. Mi concedi una sera? Ti porto a cena”. In questa fase,
quella dell’inizio di tutto (o di niente, dipende), gli uomini possiedono un
fascino considerevole. Sono brillanti, attenti, galanti. Questo sottintende
ovviamente l’esistenza di ‘altre’ fasi. Già. La mia seconda fase con Leonardo è
stata la cena. Si presenta
sotto casa puntuale come un orologio svizzero, anzi con cinque minuti di
ritardo, lo sa che le donne non sono mai
pronte in tempo (io lo ero da 20 minuti, sono precisa, che ci posso fare). Mi
viene incontro sorridendo e mi colpisce subito con uno straordinario baciamano,
poi apre lo sportello dell’auto con uno sguardo da lupo fascinoso, pronto a
mietere vittime. Bè, io lo ero, mi sentivo vittima del suo carisma,
l’importante era non farsene accorgere. In questo sono bravissima, l’esperienza
insegna. Il ristorante
era molto carino, curato. Ancora galanterie, gentilezze, accortezze. Ci
sediamo, parte la serata. Avevo delle attese, lo confesso, le premesse erano
davvero interessanti. Maledette premesse. Leonardo ordina
il vino senza interpellarmi, chissà perché. Lo comprendo un secondo dopo.
Sceglie un Rosso Conero e comincia a parlarmi dell’importanza del vino, della
necessità di sentirne il profumo, guardarne attentamente il colore, viverlo con
tutti i sensi, fruirlo con passione ed attenzione. Prosegue raccontandomi dei
suoi numerosi corsi per Sommelier: prima a Roma, poi in Trentino, in Veneto,
uno addirittura in Francia. I minuti passavano, il vino decantava ed io
ascoltavo all’inizio rapita, poi perplessa ed infine annoiata, quei racconti di
vita sempre meno verosimili e sempre più comici. In Francia Leonardo ha
imparato un francese perfetto, il tedesco è come una seconda lingua, l’inglese
neanche a dirlo. Uno come lui ha bisogno di parlare le lingue perché “sai, con
le gare internazionali di windsurf si gira molto”. Possiede ogni brevetto
possibile e immaginabile, sa fare praticamente tutto. Aiuto, fermate il mondo,
voglio scendere. Ho di fronte un mostro. Da venti minuti mi parla delle cose strabilianti che ha
fatto, di quanto è bravo e capace e… Dovreste vederlo mentre parla: assume la
posizione di profilo a 30 o 45 gradi a seconda dell’argomento e alza il
sopracciglio sinistro ad ogni battuta spiritosa, spiritosa per lui intendo.
Ripete sempre gli stessi gesti, tutto studiato. Guardo l’orologio: sono
trascorsi quaranta minuti. Quaranta minuti che parla di se stesso ed io neanche
una parola. Andiamo maluccio su tutti i fronti. Leonardo è narciso, egocentrico
e bugiardo. Dal primo
incontro fino alla fatidica serata non ho fatto altro che cercare un difetto in
quest’uomo. Ora il difetto è davanti a me in carne ed ossa, lo vedo nella sua
altezza, nelle spalle larghe, negli occhi verdi e nel bellissimo sorriso. Ma,
soprattutto, il difetto lo trovo nel vino. Leonardo, essere perfetto,
perfettamente spocchioso e pieno di te stesso, insopportabile nella tua boria,
sai una cosa? Il vino sa di tappo! Non gliel’ho
mai detto e lui non se ne è neanche accorto. E’ rimasto un segreto fra me ed il
cameriere, che prontamente mi ha portato un’altra bottiglia mentre Leonardo era
al cellulare. “Scusami, perdonami, rispondo solo a questa telefonata, sai, il
mio consulente finanziario, ci divertiamo a giocare in Borsa”. Già, certo, tu
gioca che io so quello che devo fare, ora. Ho smesso di
ascoltare le parole di Leonardo. Gli sorridevo, mi dedicavo al cibo e al vino.
Finalmente bevevo un vino buono, profumato, che non mi faceva impazzire ma che
almeno era gradevole. Giocavo con il bicchiere, accarezzandone il rosso rubino.
Sorseggiavo piano, cercando di conoscerlo sempre di più, secco, asciutto. Di
riconoscerlo nel tempo, armonico, corposo, alla ricerca di nuove sensazioni. Tre settimane
dopo, di Leonardo ricordo a malapena il sorriso. Nel frattempo
ho conosciuto Dimitri, paleontologo con la passione della mountain bike. Stasera passa a
prendermi, mi porta a cena. Siamo nella prima fase. Lui è Russo di
origine, non ama il vino, beve solo vodka ai matrimoni. Io parlo russo,
non amo la vodka e sono perdutamente ottimista.
Na zdorovije!